Diretto da Rupert Goold, Judy è un film biografico basato sull’ultimo periodo della vita di Judy Garland, pseudonimo di Frances Ethel Gumm. Cantante, attrice e ballerina, l’intera e breve esistenza di Judy Garland, è stata votata interamente al lavoro e al sacrificio. Giunta alle luci della ribalta giovanissima con la parte di Dorothy Galene ne Il mago di Oz e consacrata durante l’età adulta in È nata una stella, il ruolo di Judy è stata interpretato da Renée Zellweger ricevendo per la brillante performance il Premio Oscar come migliore attrice protagonista.
Recensione del film
Londra 1968. Quando arriva in città, Judy è sulla strada del declino da un po’ di tempo: ha subito una tracheotomia due anni prima dopo aver tentato il suicidio; è affetta da epatite; è sottopeso e per la sua depressione ha provato “quattro mariti ma non ha funzionato”. Ciò che le servirebbe è prendersi cura di se stessa, del sano riposo. Judy non sa cosa sia l’arte della quiescenza.
Sotto pressione dall’età di due anni (“sapete, la prima volta che cantai su un palcoscenico avevo la bellezza di due anni. Si dice che il mio papà dovette venire a trascinarmi via dopo che cominciai a cantare la stessa canzone per la quinta volta” afferma durante un’intervista), durante la tutta la sua infanzia pensa di aver dormito soltanto cinque ore a notte a causa del lavoro estenuante: “È compito tuo far sognare quelle persone. L’economia va in malora e loro pagano per te e ti dirò un’altra cosa. In ognuna di quelle città, credimi, c’è una ragazza più bella di te. Magari il loro naso è un po’ più stretto. Hanno denti più belli dei tuoi o son più alte o sono più magre. Tu sola hai qualcosa che nessuna di quelle belle ragazze potrà mai avere. Tu hai quella voce”, è questo ciò che Judy si sente ripetere sin dai suoi primi anni di carriera. E ora, ci sono i debiti da saldare e i problemi economici la portano lontano dai suoi due figli.
Desidera il loro affidamento ma, affinché questo possa avvenire, ha bisogno di una casa: questa è la sua missione infatti. È consapevole di essere una buona madre perché, lei sa, cosa vuol dire averne una cattiva e sa di interpretare il ruolo di Judy Garland “solo per un’ora alla sera” poiché “il resto del tempo, faccio parte di una famiglia”: vuole soltanto ciò che vogliono tutti, ma per lei è più difficile. Con il tour londinese “Talk of the Town”, assistiamo all’ultimo atto della vita di Judy Garland. La consapevolezza di essere usata e servita come un piatto a cena, il bisogno costante di sentirsi amata, è sempre più forte. Lei non vuole essere dimenticata, è questo che chiede al suo pubblico ormai sempre più irritato a causa dei ritardi e dell’ebrezza della star.
E mentre il sipario della vita cala sul palcoscenico, possiamo ancora sentire la sua voce cantare “Over the Rainbow” e accompagnarla nella sua passeggiata di speranza. Judy Garland morì dopo sei mesi dal concerto di Londra. Aveva quarantasette anni.